Per inaugurare la rubrica dedicata ai musei poco noti che
riservano piacevoli sorprese vorrei iniziare dal Museo di Milano di Palazzo
Morando. Lo spunto mi viene dalla recente visita in occasione della mostra di
Roberto Capucci a favore dei giovani designer, di cui ho parlato in un recente
post.
Partiamo dalle indicazioni tecniche di base: come
raggiungere il museo.
Il tragitto è piuttosto agevole e permette di percorre vie
centrali, come Corso Venezia, e l’esclusiva via della Spiga, dove fanno sfoggio
di sé le vetrine più chic di Milano.
Molto semplicemente: scendi alla fermata della metropolitana
rossa San Babila, percorri Corso Venezia, gira a sinistra nella
piccolissima via della Spiga, percorrila fino al primo incrocio in cui
devi girare a sinistra. Ti trovi ora in via Sant’Andrea, prosegui fino
al n°6 ed eccoci arrivati.
Gli orari di apertura del museo sono dal Martedì alla Domenica dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 17.30
Quali sono i buoni motivi per cui scoprire questo museo
1)
Come già si può capire da queste semplici
indicazioni stradali, il primo buon motivo è il percorso che si deve compiere
per raggiungere il museo. Nel tragitto a piedi si attraversano vie dello
shopping eleganti, esclusive, in cui passeggiare significa anche gustare gli
originali allestimenti delle vetrine delle grandi firme della moda. Qui si può
dire che il gusto del guardare può veramente eguagliare il piacere di
acquistare, con l’ottimo vantaggio di non svuotare il portafoglio. Insomma un vero piacere per gli occhi!
2)
La location: l’elegante palazzo settecentesco
donato alla sua morte, avvenuta il 30 gennaio 1945, dalla contessa Lydia
Caprara Morando Attendolo Bolognini al Comune di Milano. Il Museo di Milano,
costituito dalla collezione del commendatore Luigi Beretta e parte del
materiale iconografico proveniente dalle Civiche Raccolte d’Arte del Castello
Sforzesco, era prima collocato in Palazzo Sormani. Questo fino al 1940, quando
lo scoppio della seconda guerra mondiale impose il trasferimento forzato delle
opere. A conclusione del conflitto, la ricollocazione delle collezioni a
Palazzo Sormani venne scartata: il palazzo era stato seriamente danneggiato dai
bombardamenti su Milano dell’agosto 1943 e aveva perso gran parte di quella
sfarzosa decorazione interna per cui era stato scelto come perfetta
ambientazione per le opere del Museo di Milano. È del 1958 il trasferimento del Museo di Milano nella
sede attuale con l’idea di fornire al visitatore la possibilità di seguire due
percorsi distinti: da un lato la Pinacoteca, con i dipinti della raccolta
Beretta e delle Civiche Raccolte Storiche, e dall’altro le sale dell’appartamento
della contessa, dove i ricollocati arredi originali garantiscono un tuffo nel
passato, dal gusto di una tipica dimora nobiliare del Settecento, alle stanze
riallestite nella seconda metà dell’Ottocento.
3)
Scoprire luoghi di Milano che furono ed oggi non
sono più. Quando la commissione ordinatrice si riunisce per dar forma e
collocazione ad un museo dedicato alla città di Milano l’idea è di creare “un tranquillo angolo dove lo spirito possa
abbandonarsi a voli nostalgici”. Troviamo ad esempio il dipinto L’interno del Lazzaretto in periodo
napoleonico di Gaspare Galliari, che il Manzoni descrive con queste parole durante
l’ultima e più violenta epidemia di peste, nel 1630: “S’immagini il lettore il recinto del lazzaretto, popolato di sedici
mila appestati; quello spazio tutt’ingombro, dove di capanne e di baracche,
dove di carri, dove di gente; quelle due interminate fughe di portici, a destra
e a sinistra, piene, gremite”. Dopo varie riconversioni, in magazzino,
deposito merci in quarantena, alloggio per la cavalleria francese e enorme
residenza popolare di famiglie operaie, il Lazzaretto, costruito tra
Quattrocento e Cinquecento per far fronte alle pestilenze che periodicamente
colpivano la città, venne demolito a partire dal 1881. Ne sopravvive solo un
tratto del suo muro in cotto in via San Gregorio, occupato dalla Chiesa Russa
Ortodossa.
Oppure Il Bagno
di Diana, stabilimento per la scuola di nuoto di Andrea Pizzala, che
documenta come l’area di Porta Venezia era ancora negli anni ’40 dell’Ottocento
una zona di campi e boschetti, meta di gite e passeggiate. Qui venne edificato
il primo stabilimento cittadino di Bagni Pubblici, il cui evocativo nome proveniva da una statua posta all’ingresso
dello stabilimento. L’accesso alla piscina era riservato la mattina alle
signore e agli uomini al pomeriggio, e prevedeva il servizio di un bagnino,
pronto a salvare i bagnanti in difficoltà porgendo loro una lunga pertica. I
prati attorno al laghetto divennero luogo di forte attrattiva in città,
ospitando il volo del pallone areostatico di Carlo Rossi, nel 1847, e le tende
del Circo Ciniselli.
4)
Scoprire come è cambiato il volto della città,
ovvero ritrovare luoghi che vi sono ancora ma la cui immagine è cambiata dal
tempo. Troviamo ad esempio Piazza del
Duomo di Amanzia Guerillot Inganni, una pittrice affidata dal padre al
pittore di vedute urbanistiche Inganni, che scoperte le sue doti pittoriche la
fece entrare nel suo studio come collaboratrice. Se Inganni era abituato a
ritrarre la piazza con un punto di vista rivolto verso la maestosa facciata del
Duomo, Amanzia sceglie invece una prospettiva originale, rivolta dalla
piazzetta Reale verso la piazza del Duomo e, in particolare verso l’isolato del
Rebecchino, la cui fama era di quartiere povero e poco raccomandabile per le numerose osterie e locande. La piazza
del Duomo è raffigurata prima dell’ampliamento e la demolizione del
folcloristico quartiere del Rebecchino, in seguito alla visita ufficiale
dell’imperatore Guglielmo I di Germania, nel 1875. Il dibattito sulla fine del
Rebecchino durò quasi quarant’anni tra coloro che sostenevano il principio
tipicamente postunitario di isolare il monumento facendo spazio tutto intorno e
coloro che sostenevano l’idea di preservare la piazza ai cittadini e si
accordavano con il progetto ideale di Carlo Cattaneo secondo cui “non vuolsi poi dimenticare che la piazza non
è assolutamente uno spazio vacuo per chi vuol contemplare il Duomo, ma è un
luogo utile e aggradevole per la cittadinanza; è una parte della città, anzi,
ne forma quasi il cuore. E se non intendiamo che rimanga deserta e squallida,
la frequenza dei cittadini deve animare continuamente tutte le sue parti”.
5)
L’esposizione permanente di abiti d’epoca. Dal
2010 Palazzo Morando è anche questo: il Museo di Costume, Moda e Immagine. Con
l’esposizione di vestiti delle Civiche Raccolte d’Arte Applicata del Castello
Sforzesco il tuffo nel passato è assicurato, oltre che perfettamente calzante
dato che ci troviamo nel quadrilatero della moda! Vi sono esposti abiti
stupendi, ottimamente conservati e restaurati che documentano il fluire
volubile della “vezzosissima Dea” del
Mattino del Parini. In occasione del centocinquantesimo dell’Unità d’Italia è
ora esposta una nuova serie di diciotto abiti femminili che documentano la moda
dal 1848 al 1914.
6)
Il dipinto di Angelo Morbelli ambientato nel Pio
Albergo Trivulzio; il pittore divisionista si dedicò a lungo alla
rappresentazione realistica degli anziani ricoverati nell’ospizio milanese.
Sono quadri struggenti, delicati, in cui la luce illumina, insieme con i
pulviscoli di polvere dispersa nell’aria, lo sguardo malinconico, rivolto al
passato dei silenziosi protagonisti di queste tele.
7)
Il Marmo di Vincenzo Vela La preghiera del mattino. Una delle opere emblematiche della
stagione romantica lombarda in cui il tema morale, la fanciulla in preghiera,
si accorda con il verismo della camicia che scende realisticamente da una
spalla.
8)
Gli acquerelli di Arturo Ferrari, capofila del
movimento passatista e uno dei fondatori della Società degli Acquerellisti
Lombardi. Un’intera saletta è dedicata a questo artista, che scelse la missione
di rincorrere il passato della sua città, contro la modernità e il cambiamento.
Le sue opere sono assorbite dall’ambiente, in cui la presenza umana è pressoché
assente, come se egli volesse soffocare il brusio dei passanti per far parlare
muri, archivolti, strade, portoni, canali. Egli diceva: “Sento profondamente la necessità del silenzio in certe scene che
parlano da sé con tanta eloquenza. Trattandosi in special modo di un ambiente o
di un monumento antico, la tinta speciale del tempo, il senso della luce e
dello spazio producono sensazioni vivissime; e i pensieri e le meditazioni che
suggeriscono respingono una presenza, quasi sempre molesta, della macchinetta”.
9)
Il salottino dorato, ambiente raccolto e
suggestivo, denominato “Gabinetto dorato”. Si tratta di un luogo giunto fino a
noi intatto in ogni sua parte e il restauro del 2008-2009 lo ha riportato al
suo antico splendore. In stile rococò è un salottino elegante e fiabesco che
documenta il gusto aristocratico settecentesco per il decoro domestico. Uno di
quegli ambienti chiusi e raccolti, dal sapore segreto, che fa sognare!
10)
Le mostre temporanee. Vi sono locali del
complesso di Palazzo Morando interamente riservati alle esposizioni temporanee,
solitamente dedicate alla moda e al tessuto, oppure alla moda intesa come arte
fotografica. In passato ho avuto piacevoli sorprese grazie alle iniziative di
Palazzo Morando, che tra l’altro sono anche completamente gratuite, come del
resto la visita a tutto il museo. Ricordo in particolare la mostra dedicata
agli abiti dei set cinematografici, tra cui quelli indossati da Kirsten Dunst
in Maria Antonietta di Sofia Coppola, da Sophie Marceau in Anna Karenina e i
costumi di Morte a Venezia, pellicola girata da Luchini Visconti. Oppure la mostra
dedicata agli accessori déco. Non essendoci solitamente una buona pubblicità
per queste mostre, ti consiglio di consultare periodicamente il sito internet www.civicheraccoltestoriche.mi.it
Soltanto sul sito web si possono trovare
informazioni affidabili e aggiornate.
Bene, non mi resta che augurarti di passare un
piacevole pomeriggio in visita a Palazzo Morando. Un ultimo consiglio: se vuoi
puoi accompagnare la visita con la lettura della guida Skira Museo di Milano.
Palazzo Morandi Attendolo Bolognini” a cura di Roberto Guerri e Paola Zatti,
che ho anch’io utilizzando per la mia visita e per scrivere questo post.
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