“Ora, contro lo sfondo del mare, i tre oggetti se ne stanno
in bilico, assolutamente immobili e incredibili, con l’inquietante assurdità di
un quadro di Magritte”
(da “I misteri d’Italia” di Dino Buzzati)
Magritte, un artista che difficilmente resterà sconosciuto a
chi si troverà a trascorrere qualche giorno nella capitale belga, città natale
e luogo di vita del pittore.
Inevitabile è non vedere nel paesaggio urbano della sua
città elementi che ne hanno influenzato l’immaginazione, come accade alzando lo
sguardo verso il cielo della ventosa Bruxelles con le sue paffute e
leggerissime nuvole sempre in viaggio, che popolano con la loro leggerezza
impalpabile molti quadri del pittore belga.
Inevitabile è anche imbattersi in luoghi legati alla
biografia di Magritte, come il Parco del Botanique, dove il pittore, durante
una passeggiata, incontrò la donna della sua vita, Georgette Berger.
Questo legame profondo con la propria città, che, a dispetto delle critiche di provincialismo, lo fece tornare in patria dopo il soggiorno parigino, è ormai riconosciuto e condiviso dalla città stessa in cui non è difficile trovare citazioni e rimandi ai quadri del pittore.
Una vetrina vicino al Musée Magritte
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Il luogo-omaggio della città di Bruxelles al “suo” pittore è
sicuramente il Musée Magritte sul Mont des Arts. Il percorso museale è
piuttosto tortuoso: si scende per entrare nel museo, si sale con un ascensore
per raggiungere l’inizio del percorso espositivo, e si scende per visitare i
vari livelli del museo. In questo continuo salire e scendere, rimane il dubbio
se sia una scelta museale voluta per rafforzare quell’effetto straniante che
già i quadri di Magritte sanno efficacemente produrre nell’osservatore.
In esposizione vi sono quadri di altissima qualità e non
mancano i capolavori. Assente “La Trahison des images” del 1929, che si trova
al City County Museum di San Francisco, ma si rimane ancor più divertiti di
fronte all’autocitazione “La Trahison des images” del 1952.
Magritte afferma di non essere interessato allo stile, la
pittura per lui è soltanto un mezzo per rendere visibile qualcosa, e questo
qualcosa non è altro che un mistero. Sbaglia chi cerca simboli, spiegazioni,
soluzioni: le immagini di Magritte devono essere contemplate. Secondo lui, chi
cerca significati simbolici “vuole qualcosa di sicuro cui aggrapparsi, per
salvarsi dal vuoto. La gente che cerca significati simbolici è incapace di
cogliere la poesia e il mistero intrinseci all’immagine. Certo lo sente, questo
mistero, ma vuole liberarsene. Ha paura. Chiedendo ‘che cosa significa?’
esprime il desiderio che tutto sia comprensibile. Ma se non si rifiuta il
mistero si ha una reazione differente. Si chiedono altre cose”. A chi credeva
di aver capito i suoi quadri diceva: “è più fortunato di me”.
La Fée Ignorante, 1956 |
La sua pittura è anche uno strumento eversivo, che vuole
scardinare le relazioni di solito date per scontate, quelle tra oggetto reale e
cosa rappresentata, tra realtà e linguaggio: “un oggetto non possiede il suo
nome al punto che non si possa trovargliene un altro che gli si adatti meglio”.
L'Usage de la parole, 1927-1929 |
Esiste però anche un altro modo per scoprire questo grande
artista, ed è visitare la casa dove ha vissuto a Bruxelles. Qui, tra
particolari degli ambienti che ritroviamo riprodotti nei suoi quadri con
precisione ma ricollocati in contesti del tutto stranianti,
La Durér poignardée, 1938 |
L'Homme au journal, 1928 |
La Condition humaine, 1933 |
La Lecture défendue, 1936 |
si possono scoprire oggetti e ricordi appartenuti
all’artista, le foto che documentano la sua vita privata con la moglie e gli
inseparabili cani, appunti in cui registrava le sue intuizioni, lettere, i suoi
lavori tanto odiati da grafico pubblicitario, il suo atelier, un locale sobrio,
accanto alla cucina di casa, e l’inconfondibile bombetta.
Il tutto fa pensare ad una vita tranquilla e borghese, ma
come quelle ricostruzioni in scala reale di un monumento famoso, che sembrano
più vere e troppo perfette rispetto all’originale, si insinua il dubbio di
trovarsi di fronte ad un inganno: Magritte ci sta forse di nuovo sottoponendo
al gioco rivelatore che ispira tutti i suoi quadri, teso ad evidenziare lo iato
tra ciò che sembra e ciò che è, tra realtà e apparenza, tra forma e sostanza,
tra essenza e convenzione.
E così Magritte si presenta come l’uomo con la bombetta, in
eleganti ma non troppo pretenziosi abiti da piccolo borghese, ma nello sguardo egli
lascia trapelare, senza voler neppure nasconderlo troppo, il piglio sovversivo
di Fantômas, personaggio
letterario, abilissimo nei travestimenti e dotato di un’intelligenza diabolica.
Le retour de flamme, 1943
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