lunedì 31 ottobre 2011

Viaggio in Normandia e Bretagna: la casa di Monet a Giverny.


Quest’estate ho avuto la fortuna di passare le mie vacanze estive in luoghi in cui avevo tanta voglia di ritornare: Normandia e Bretagna. Tornare in un luogo significa ritrovare qualcosa che abbiamo nei nostri ricordi, ma anche scoprire cose che la prima volta ci sono sfuggite. Così è stato. Vorrei iniziare raccontando qua e là i posti che ho visto seguendo a grandi linee l’itinerario percorso. Per prima cosa parlerò di Giverny, un piccolo paesino che si incontra durante il viaggio per raggiungere Caen, in Normandia: una breve deviazione per scoprire il ritiro-mondo del pittore Claude Monet.
Il primo ambiente in cui entra il visitatore è lo spazioso atelier dove Monet dipinse il ciclo grandioso delle ninfee, conservato oggi al Musée de l’Orangerie di Parigi. Non ricordo di aver trovato indicazioni che avvisano il visitatore che fu proprio questo il luogo in cui Monet portò avanti la sua impresa titanica, e, per di più, lo spazio è oggi interamente occupato dal bookshoop, che, per quanto fornito di ottime pubblicazioni e deliziosi oggetti ricordo, guasta un poco l’immaginazione. Ma la luce zenitale, che si diffonde compatta, senza produrre ombre, non mente.
Consiglio di iniziare la visita dai giardini: l’interno della casa è delizioso, ma lo spirito della pittura di Monet si può assaporare pienamente solo stando all’aria aperta, tra i profumi e i colori della natura. Come potrebbe essere altrimenti per un artista che diceva di non capire come ci si potesse chiudere in una camera e che, indicando con un gesto la Senna e la campagna, disse: «Voilà mon atelier»?
Nel giardino, su cui si affaccia la casa, Monet sembra aver voluto imprigionare la spontanea e imprevedibile crescita dei fiori di campo in piccole aiuole, così da farne i soggetti più amati per i propri quadri. L’impressione generale è quella di un rigoglioso sprigionarsi della natura, solo apparentemente casuale. Il giardino di Monet è infatti un perfetto gioco di illusione: tutto sembra crescere in libertà, nutrito dalla luce del sole e dalla pioggia, frutto della terra lasciata germogliare e crescere. In realtà Monet aveva idee e progetti ben precisi per il proprio giardino, e richieste meditate e rigorose per i suoi giardinieri. Il giardino di Monet, o meglio il suo atelier, è un perfetto paradosso: l’imperfezione, un insieme privo di geometrie e di ordine, nasce dalla perfezione maniacale di un progetto studiato in ogni suo dettaglio. Prima che nelle sue prove pittoriche Monet si cimentò in una delle imprese più ardue: riuscire a creare qualcosa che potesse apparire spontaneo, libero e casuale. Come riuscire infatti a sostituirsi alla Natura, generando qualcosa che dovrebbe nascere da sé, senza piani prestabiliti e progetti preordinati? Monet ci riuscì e tutti coloro che passeggiano nel suo giardino possono godere di questo successo.
Dal giardino fiorito si passa poi al giardino d’acqua: l’impressione è di entrare in un altro mondo, fatto non solo di colori, ma di acqua, riflessi, trasparenze, immagini tremolanti e sfuggenti sullo specchio d’acqua. Si entra nella mente del pittore, si cammina nei suoi quadri.
Il luogo è di una bellezza struggente: le ninfee formano preziosi tappeti sulla superficie dell’acqua, solleticata dalle fronde dei salici; una piccola barca è immobile e silenziosa vicino alla riva dello stagno; la delicata silhouette dei ponti giapponesi offre romantici balconi da cui ci si può sporgere per vedere il fondo dello stagno striato di rigogliose alghe color smeraldo.

In questo luogo si cammina silenziosi, vinti dalla suggestione. Eppure questo paradiso era all’origine di una profonda frustrazione per il suo primo abitante. Al mercante Durand-Ruel Monet scriveva: «Sapete che sono assorbito dal lavoro. Questi paesaggi d’acqua e di riflessi sono divenuti un’ossessione. È al di là delle mie forze di persona anziana e voglio tuttavia arrivare a rendere ciò che sento vivamente. Ne sono distrutto…ricomincio sperando che da tanto sforzo esca qualcosa». Chi visita oggi questo giardino quindi non può che vivere in maniera molto distante il luogo dove Monet aveva deciso di intraprendere una nuova ricerca, l’ultima della sua vita. Chi passeggia oggi ai bordi dello stagno, attraversato dal famoso ponte giapponese, prova la soddisfazione di vedere intatta la fonte di ispirazione di quadri tanto amati, mentre per Monet il giardino era il luogo di una sfida costante, che lo faceva sentire sconfitto, impotente di fronte al cambiamento incessante e repentino della luce, che esauriva le sue umane forze. Forse Monet osservando con occhio scientifico il reale stava con sofferenza raggiungendo la consapevolezza profonda del tempo che passa. È per questo che le Ninfee degli anni più tardi raggiungono la poetica dimensione dell’astrazione: il colore sembra trascendere dalla riproduzione fotografica del reale e la sperimentazione di questi anni porta in sé la sofferenza di raggiungere risultati che tradiscono qualsiasi aspettativa iniziale. Monet, interrogato sulle sue Ninfee, rispose infatti che ognuno poteva vedervi ciò che voleva: non è un’affermazione che si potrebbe credere di Kandinsky?
La visita si conclude nella casa: gli interni sono ricchi di particolari graziosi come le stampe giapponesi collezionate dal pittore ed esposte alle pareti. La finestra della camera da letto aveva i vetri spalancati e la vista sul giardino la faceva sembrare la cornice di una tela dipinta dal pittore.

Penso che il giardino di Monet sia un ottimo esempio di quello che dicevo all’inizio: un luogo da scoprire e in cui ha senso tornare. A me è capitato di visitarlo con la luce lattiginosa di una giornata senza sole, ma, come Monet ci ha insegnato, i luoghi interessano proprio in virtù dell’incessante mutamento di luce e colore. Per questo nulla è mai uguale, tutto cambia: la natura e noi stessi. Spero un giorno di tornare, per riscoprire la bellezza di questo luogo ancora una volta. Al suo creatore doveva sembrare un rifugio mai privo di sorprese e , grazie ai suoi quadri, così appare anche a noi.



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1 commento:

  1. già visitato ed è tutto molto bello come dici tu. brava continua così, mi piace questo blog infatti ne sono diventato membro fisso (e sono il primo).

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