lunedì 7 novembre 2011

Viaggio in Normandia e Bretagna: Mémorial di Caen

La Normandia è una terra-testimonianza, il suo paesaggio è intriso e quasi modellato da tracce lasciate dal Secondo Conflitto Mondiale. Attraversarla significa confrontarsi con la storia, non come capita quando la si studia a scuola o la si legge in un saggio, ma come invece succede quando si ha esperienza diretta dei luoghi in cui il suo corso ha lasciato segni tangibili e ferite indelebili. Un’ottima, anzi superba, introduzione alla storia di questi luoghi è la visita al Mémorial di Caen. Si tratta di un museo costruito sul principio classico di historia come magistra vitae, cioè di ricerca storica come fonte per l’uomo di educazione e conoscenza. Il Mémorial si definisce infatti “Cité de l’histoire pour la paix” perché la ricostruzione della storia della Seconda Guerra Mondiale e della Guerra Fredda vuole spingere alla riflessione sugli stretti legami che esistono tra il rispetto dei diritti dell’uomo e la salvaguardia della pace.


A mio parere è improprio definire il Mémorial un museo; è piuttosto un viaggio nella memoria collettiva dal 1918 ai giorni nostri, che riesce a coinvolgere non solo l’esperto o l’appassionato di storia.


L’elemento che rende la visita un’esperienza difficile da dimenticare è, secondo me, l’allestimento e i criteri museografici seguiti. Innanzitutto il contenitore si adatta al contenuto: ad esempio, il visitatore segue le tappe che portarono all’avvento del Nazismo e allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale percorrendo una passerella a spirale che procede in discesa verso il basso, avendo così l’impressione di seguire fisicamente il precipitare degli eventi e il fallimento progressivo dei tentativi di pace, irrimediabilmente destinati a cadere nel baratro di un nuovo conflitto. Coinvolgenti sono anche gli allestimenti: ad esempio la fobia per l’attacco nucleare durante gli anni della Guerra Fredda è restituita da uno schermo di 360° su cui sono proiettati in serie i filmati con cui le autorità americane istruivano i civili su cosa fare in caso di attacco nemico. 
Dal momento che ciò che caratterizza il percorso espositivo del Mémorial è la multimedialità, cioè l’ampio impiego di immagini e filmati, preferisco raccontarti la mia visita attraverso le foto scattate. Ho infatti percorso le varie sale immortalando quelle testimonianze che più mi hanno colpito. Perdona la qualità non ottimale delle foto, ma non potevo usare il flash.


Iniziamo da questa: durante la visita incontrerai moltissimi manifesti di propaganda. Li ho trovati davvero illuminanti per comprendere i meccanismi usati dalla politica per pilotare l’opinione pubblica. Noi, con il senno di poi, possiamo smascherare la manipolazione della realtà di certi slogan, ma come riuscirci quando la storia non è ancora scritta?

Un antidoto alla propaganda? La satira, che risveglia con lucidità e irriverenza “il sonno della ragione”. Ho trovato questa vignetta satirica particolarmente esilarante per l'ironia con cui descrive un momento delicato della storia d’Europa. Mentre l’Europa intera è in ginocchio, schiacciata dal trionfante dilagare del Nazismo, e l’Inghilterra è l’unico paese a resistere, un londinese, che ha trovato rifugio dagli incessanti bombardamenti aerei sulla sua città in una stazione della metropolitana, declama con orgoglio patriottico il manifesto della sua Nazione, e cioè che gli inglesi sapranno dimostrare a Hitler di avere il controllo dell’aria, dei mari, della terra e…del sottosuolo!

La ferrea volontà di resistenza dell’Inghilterra di fronte ai successi di Hitler è rappresentata in questo manifesto da un minaccioso mastino con il volto del Primo Ministro del Regno Unito Winston Churchill.

In una sala immersa nella penombra sono collocati alcuni veicoli militari. L’insieme ha volutamente un che di lugubre e sinistro. L’audioguida accompagna il visitatore con la lettura delle parole di Curzio Malaparte che, nel suo libro “Kaputt”, descrive lo scempio della guerra attraverso la descrizione impietosa di alcuni mezzi militari abbandonati nella campagna, simili a carcasse agonizzanti con la carrozzeria arrugginita come carne in putrefazione e la ferraglia scomposta come un corpo dilaniato dopo una strage.

Molti sono gli oggetti appartenuti a soldati che si trovano nel museo. Quello che più mi ha colpito è questa divisa usata dai soldati per combattere in Russia, con calzature enormi per difendersi dal freddo. In quei luoghi il combattimento non doveva chiaramente essere l’unica prova da superare per poter sopravvivere.

Questa immagine agghiacciante parla in maniera ancor più eloquente dei combattimenti in Russia.

Il Mémorial ha il grande pregio di raccontare non solo i grandi eventi politici e militari, ma anche di restituire uno spaccato della vita comune durante gli anni di guerra. Così ecco questa foto in cui un contadino prosegue il suo lavoro nei campi mentre il suo aratro è superato da un aereo militare in decollo. Come dire: c’è la guerra, ma in qualche modo si deve continuare a vivere.
Una sezione è dedicata alla vita a Parigi durante l’occupazione nazista. I documenti mostrano che in città le persone continuavano a frequentare i cabaret e la presenza di militari in città favoriva incontri galanti tra soldati e giovani francesi, come raccontano molte vignette dell’epoca. Tra tutte le foto d’archivio esposte mi ha colpito soprattutto questa per l'effetto stridente di una coppia di sposi accolta dagli invitati con il saluto nazista. Mi è sembrata un’immagine emblematica di come ogni dittatura sia un sistema assoluto, pensato per condizionare ogni aspetto della vita, insinuandosi nella sfera intima e privata di ogni uomo.

Questa foto invece ritrae l'esultanza per la dichiarata fine della guerra. Penso sia l’immagine perfetta della voglia di ricominciare, dell’euforia che nasce dal desiderio di mettere fine ad un tempo di dolore e sofferenza. E’ un perfetto esempio di come la parola fine possa diventare talvolta sinonimo del suo esatto contrario: un nuovo inizio.

Accanto alla gioia esuberante e collettiva, esiste quella intima e privata delle famiglie riunite. L’abbraccio tanto atteso tra questa bambina e suo padre mi ha commosso.

Passiamo ora alla sezione del Mémorial dedicata alla storia della Guerra Fredda: dal 1945 alla caduta del muro di Berlino. Nella stessa sala in cui è esposto un sofisticato missile studiato per effettuare un possibile attacco nucleare, sono esposti oggetti molto curiosi: kit per rilevare la pericolosità delle radiazioni, manuali di istruzioni per sopravvivere ad un attacco nucleare, contenitori per proteggere i cibi dalla contaminazione.



Le ultime sale sono interamente dedicate alla città di Berlino: l’ago della bilancia durante gli anni della Guerra Fredda. Berlino dopo i bombardamenti era ridotta ad un cumulo di macerie e squadre di donne furono le prime ad intervenire per la messa in sicurezza della città. Queste donne sono l’immagine della forza di voler ricominciare; vennero chiamate Trümmerfrauen (le donne delle macerie).

Un’immagine drammatica del blocco sovietico di Berlino nel 1948.


In questa foto un soldato è intento, quasi con meticolosità certosina, a murare la finestra di una casa di Berlino Est che si affacciava su Berlino Ovest. Si voleva rendere un'intera parte della città invisibile e cancellarla dalla vista, dalla mente e dai cuori.

A Berlino Ovest invece si costruiscono torrette panoramiche per soddisfare la curiosità di berlinesi e turisti (una di queste torrette panoramiche di Berlino Ovest è al centro di alcuni episodi di “In fondo al Viale del sole”, romanzo di Thomas Brussing che racconta con ironia la vita a Berlino Est attraverso gli occhi del giovane Michael Kuppish. Se non hai ancora letto questo libro, te lo consiglio!).


Concludiamo con la stessa immagine con cui termina la visita del Mémorial: la folla riunita in occasione della caduta del Muro. L'uomo non è fatto per un'esistenza confinata e prigioniera.



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