mercoledì 4 gennaio 2012

Viaggio in Normandia e Bretagna: i luoghi dello sbarco

Come ho già anticipato, la Normandia è una terra ricca di luoghi che raccontano la storia del nostro recente passato. È tempo di uscire dal Mémorial di Caen, i siti e i monumenti per non dimenticare sono innumerevoli. Ognuno può trovare il proprio percorso nella memoria. Ho deciso di raccontarti il mio, se anche tu hai un tuo itinerario in questi luoghi non esitare a parlarmi del cammino che hai percorso.


La mia prima tappa è ARROMANCHES-LES-BAINS.

In questo luogo si trova il Musée du Débarquement, dedicato allo sbarco, e Arromanches 360°, un “circorama” in cui vengono proiettate immagini d’archivio e immagini attuali sui luoghi dello sbarco. Non sono però entrata in questi musei, ho preferito stare all’aria aperta ad osservare la spiaggia. Lì si possono ancora oggi vedere i galleggianti in calcestruzzo e una parte di piattaforma arenata, simili a relitti trasportati dalle maree. Ad Arromanches gli Alleati allestirono infatti un porto artificiale, il Mulberry B, riservato alle truppe britanniche; un ufficiale inglese disse: «se vogliamo sbarcare, dobbiamo portare con noi i nostri porti» e così avvenne. Il momento migliore per osservare i resti di questa prodezza tecnica è quando c’è la bassa marea. Arromanches disorienta per lo stridente contrasto tra le presenze tangibili della guerra passata e l’aspirazione del luogo ad essere meta di spensierate vacanze estive. In realtà però, pur essendo luglio, mi ha colpito vedere molti alberghi chiusi e alcune delle graziose villette in stile liberty affacciate sulla spiaggia disabitate. L’impressione generale è di una sbiadita belle époche che solo la nostalgia può far immaginare. Ho però provato qualcosa della dolcezza che Arromanches doveva avere in passato, prima di diventare un luogo di guerra, di fronte alla meraviglia di un tramonto sul mare alle undici di sera.


La mia seconda tappa è COLLEVILLE-SUR-MER, dove si trova il Cimitero militare US.

9387 croci bianche di marmo di Carrara sono allineate su ampie distese di prati verdissimi, che si affacciano su una delle spiagge di Omaha Beach, dove molti giovani soldati hanno perso la vita. Mentre si attraversa questo luogo, si è circondati da un silenzio assordante, che appesantisce il cuore. Qua e là una croce è addolcita da un fiore, oppure celebrata da una bandiera americana in miniatura, conficcata accanto nel terreno. Alcune di queste croci hanno nomi e date, altre nomi noti solo a Dio. Si cammina attraverso questi tristi sentieri e la distesa sembra ripetersi, quasi moltiplicarsi, senza fine. Il Mausoleo, imponente e grandioso, si apre come un abbraccio sui suoi caduti. Al centro troneggia l’enorme statua di uno schiavo che si libera dalle catene e spalanca le braccia al cielo. Lungo l’emiciclo è riportata questa iscrizione: This embattled shore, portal of freedom is forever hallowed by the ideals the valor and the sacrifices of our fellow countrymen: questo monumento parla il linguaggio del fiducioso patriottismo americano. Al centro del cimitero è collocata la cappella dedicata ai soldati morti in guerra: sull’altare una frase recita che questi uomini, grazie al loro coraggio, non sono morti, ma rimarranno immortali. Di fronte al mare è stato creato un belvedere da dove si può scendere fino alla spiaggia, mentre all’ingresso del cimitero il Visitor Center rende omaggio attraverso filmati e testimonianze ai soldati americani e alleati che persero la vita durante le operazioni militari di sbarco. Il cimitero stava per chiudere e ho assistito al momento del ritiro della bandiera al suono struggente della fanfara.  Nel codice della bandiera americana (The Flag Code), oltre al criterio universale di esporre la bandiera solo dall’alba al tramonto su aste fisse all’aperto, si recita che la bandiera americana dovrebbe sempre essere alzata energicamente e abbassata cerimoniosamente. Una volta abbassata, la bandiera è stata consegnata ad una famiglia americana in visita al cimitero, forse per ricordare un proprio caro oppure per rendere omaggio al sacrificio compiuto dalla patria. Tutti insieme si sono raccolti attorno alla bandiera e l’hanno piegata con cura, mentre un fotografo scattava foto per immortalare il momento. La memoria di queste giovani vite spezzate dalla guerra è lasciata a noi, generazioni future.
La terza tappa è la POINTE DU HOC.

Non ci sono orari né biglietti per visitare questo sito. Si tratta di una magnifica scogliera protesa sul mare, ma la storia di questo luogo non permette certo di abbandonarsi a fantasie romantiche. È qui infatti che avvennero alcune delle operazioni decisive per lo sbarco alleato. Essendo la Pointe du Hoc massicciamente fortificata dai tedeschi e uno strategico punto d’osservazione, il comando americano decise di farvi piovere un diluvio di bombe e granate. La bellezza della natura è infatti sfregiata da una distesa di enormi crateri e dalla presenza inquietante dei bunker disseminati qua e là e ancora accessibili. Qui più che negli altri luoghi, a mio parere, si avverte con forza la consapevolezza che si è combattuto, e non molti anni fa.
La mia quarta e ultima tappa è stata scoperta per caso: una deviazione non prevista poco prima di arrivare a Mont Saint Michel. Si tratta di un cimitero dove sono sepolti soldati tedeschi a HUISNES-SUR-MER.

Su alcuni pannelli esposti all’ingresso sono riportati i testi di alcune ultime lettere di giovani soldati. In particolare mi ha colpito la lettera del giovane Manfred Kolb dell’11 giugno 1944, le sue parole dal fronte sono cariche di ansia e preoccupazione per la salute della sua famiglia lontana e il tentativo di rassicurare i propri cari tradisce la volontà di non accrescere le loro pene; nelle sue ultime parole commuove la speranza di rivedere di nuovo presto la propria famiglia.
Percorrere questi luoghi mi ha convinto sempre più che la storia, contrariamente da come viene spiegata e studiata comunemente, non è soltanto una successione di grandi e gloriosi eventi, ma prima di tutto  l’intreccio delle esistenze di singoli uomini comuni. Penso che solo attraverso la restituzione di questi spesso anonimi frammenti di vita si possa tentare di capire un tempo di cui non siamo stati testimoni diretti. La Storia è l’insieme delle vite di coloro che l’hanno vissuta.



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