giovedì 9 febbraio 2012

BILANCIO MOSTRE 2011 (terza parte)

Gio Ponti. Il Fascino della ceramica.
Grattacielo Pirelli – Palazzo della Regione

Visitata il 30 luglio

Una mostra deliziosa. Anche per questa esposizione vale il discorso fatto per la mostra su Lucio Fontana, perché gratuita. Gio Ponti è stato un architetto capace di opere grandiose come il grattacielo Pirelli. Eppure questa mostra racconta della sua capacità di progettare piccoli oggetti di design come la serie di ceramiche ideata per Richard-Ginori dal 1923 al 1930. Sapeva essere grande anche nelle piccole cose!



Fare gli Italiani.
Torino, Officine Grandi Riparazioni

Visitata il 25 agosto

Una mostra che rientra a pieno titolo nelle manifestazioni del progetto “Esperienza Italia 150”. L’esposizione raccontava la storia del nostro Paese prendendo in esame, attraverso documenti e contributi multimediali, l’epoca risorgimentale, la scuola, le città, l’agricoltura, la religione, le migrazioni, la guerra, la mafia, la radio e la televisione, i trasporti, i consumi. Ho trovato questa mostra ben fatta e spettacolare in alcune scelte di allestimento. Degna di nota è sicuramente la location. Le Officine Grandi Riparazioni sono un complesso industriale di fine ‘800 dove un tempo si lavorava per la riparazione e la manutenzione di locomotive e vagoni ferroviari. Quale migliore scelta per raccontare la storia dell’unificazione d'Italia di un luogo dove si lavorava per rendere il nostro giovane Paese più unito?

Fuori! Arte e spazio urbano 1968-1976
Milano, Museo del Novecento

Visitata il 4 settembre

Una mostra che attraverso foto e filmati ricostruiva gli interventi di artista realizzati fuori dai musei. Gli artisti di quegli anni pensavano ad un’arte esterna, a contatto con la quotidianità delle piazze e delle vie trafficate della città o immersa nella natura. Un’arte senza pareti attorno, pensata per essere fruita direttamente e deliberatamente dai passanti, che si sarebbero così trasformati in più o meno inconsapevoli spettatori di un evento artistico. Mi piace moltissimo vedere l’arte dovunque, anche in luoghi non tradizionalmente ad essa deputati. Un’opera d’arte esposta in aperta campagna o in una piazza mi conquista sempre perché sembra voler fare parte del mondo e venire alla ricerca di spettatori più che arroccarsi in una dimensione limitata agli esperti e agli appassionati. Ogni opera di questo tipo ha una comunicatività dirompente, a volte anche prepotente, come nel caso dei gonfiabili di Franco Mazzucchelli fuori dei cancelli dell’Alfa Romeo. Il rischio dell’arte di quegli anni è forse stato quello di voler sconcertare senza però coinvolgere profondamente lo spettatore. In casi come questo penso che l’Arte ottenga esattamente l’effetto opposto a quello sperato, cioè quello di stimolare energie positive e costruttive nella società. Si tratta di un’arte rischiosa in questo senso perché può facilmente scadere in uno show di cattivo gusto, ma che può anche raggiungere effetti di alta poeticità.

Regina Margherita
Monza, Villa Reale

Visitata il 25 settembre

Una mostra molto ben costruita. Molto suggestiva la possibilità di vedere gli appartamenti reali, finalmente restaurati e restituiti al loro passato splendore, popolati dagli oggetti usati dalla regina. Una mostra perfetta per gli appassionati di tutte le biografie di personaggi storici che con il loro carisma ancora oggi sanno muovere la nostra curiosità.

Andrea Mastrovito. A sud del cielo.
Bergamo, ex oratorio di San Lupo

Visitata il 13 novembre

Andrea Mastrovito è un giovanissimo artista che si distingue per la versatilità dei suoi interventi site specific. Con questa installazione Mastrovito ha voluto rinnovare il racconto del martirio di sant’Alessandro. Alessandro venne martirizzato a Bergamo per la sua opera di proselitismo. L’intervento di Mastrovito era ospitato nell’oratorio della chiesa di Sant’Alessandro in Colonna, costruita, secondo la tradizione, per ricordare i gigli germogliati da alcune gocce di sangue cadute dal capo del martire. L’ambiente è ridotto alla più completa oscurità: è notte e il soffitto è trasformato in un cielo stellato in cui compare la costellazione di cui si parla nel racconto del martirio del santo. Le immagini degli affreschi sul soffitto prendono vita e si muovono raccontando la cattura del santo e la decollazione mentre l’aria è invasa dal volume sempre più alto di South of Heaven degli Slayer. Commesso il delitto, un rivolo di sangue cade dal soffitto e attraversa la parete della chiesa unendo il cielo e la terra. Quando il sangue tocca il suolo l’ambiente viene invaso dalla luce e rivela un prato di fiori di carta. Questa installazione mi ha molto emozionato: dalla violenza e dalla barbarie possono nascere delicati fiori. Un toccante messaggio di speranza.

Degas, Lautrec, Zando’. Les folies de Montmartre.
Pavia, Scuderie del Castello Visconteo

Visitata il 4 dicembre

Una mostra che sicuramente ha patito la contemporaneità con la più esaustiva esposizione dedicata a Toulouse-Lautrec a Mamiano di Traversetolo. Personalmente tra i tre nomi, cui la mostra era dedicata, Toulouse-Lautrec è il mio preferito. Degas mi sembra a volte compiacersi della sua capacità pittorica e trovo che sui dipinti di Zando’ pesi troppo la tradizione pittorica italiana, dalla quale egli stenta ad allontanarsi per scelte più audaci e innovative. Amo invece Toulouse-Lautrec per la capacità di entrare in completa empatia con i suoi soggetti; penso che soltanto Van Gogh sia riuscito a fare altrettanto. Lautrec è Montmartre, è il Moulin-Rouge. Egli racconta la sua vita, il suo mondo. La parte della mostra che ho apprezzato di più è stata la sezione finale, dove le pareti sembravano imitare il tendone di un circo ed erano esposti i suoi disegni dedicati agli artisti e acrobati circensi. Lautrec li rappresenta soli, senza pubblico, immersi nel loro esercizio artistico. In ognuno di questi personaggi mascherati, deformati dai costumi e dalle pose, l’artista vedeva forse se stesso, come loro si riconosceva in una vita priva degli schemi rassicuranti della normalità, ma nutrita dalle estreme scintille dell’arte.

Toulouse-Lautrec e la Parigi della Belle Époque.
Mamiano di Traversetolo, Fondazione Magnani Rocca

Visitata l’8 dicembre

Questa mostra insieme con l’esposizione a Pavia ha soddisfatto il mio desiderio di vedere opere di Toulouse-Lautrec. Purtroppo Albi, dove si trova il più importante museo dedicato a questo artista, non è dietro l’angolo, perciò queste sono state occasioni preziose. Questa mostra era dedicata principalmente all’opera grafica di Toulouse-Lautrec. La possibilità di vedere i cartelloni pubblicitari realizzati dai suoi contemporanei rende giustizia alle capacità innovative di questo artista. Al gusto lezioso per il Liberty si sostituisce l’efficace espressività del tratto bidimensionale di Toulouse, che facendo propria la lezione delle stampe giapponesi, riesce a costruire un’immagine con poche linee grafiche. Un genio: un paio di lunghi guanti neri per suggerire allo sguardo una delle più ricercate soubrette del momento, un ricciolo per il profilo di un violoncello, una sciarpa rossa per il cantante del momento. Lautrec aveva il dono della sintesi, che sapeva ottenere attraverso un abile uso della sineddoche.




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